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L’enorme diffusione della comunicazione tramite social network, unitamente alla diffusa convinzione che un commento “virtuale” non comporti responsabilità penali e risarcitorie in capo all’autore, ha moltiplicato le controversie giuridiche relative a casi di diffamazione.

In realtà, la manifestazione del proprio pensiero su internet – esattamente come la opinioni diffuse in radio, tv o carta stampata – non esenta dal rispetto dei limiti dettati dall’art. 595 c.p., peraltro nella forma aggravata descritta dal terzo comma, poiché commessa mediante “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” (cfr., ex multis, Cass. Pen., Sez. 1, 28/04/2015, N. 24431).

Nel termine di tre mesi dalla pubblicazione sui “Social”, la persona che si ritiene offesa può dunque sporgere querela nei confronti dell’autore. In considerazione delle particolarità insite nel mezzo telematico, la giurisprudenza si è interrogata a lungo sul problema della individuazione del Giudice territorialmente competente a decidere sul relativo Processo penale, giungendo a decisioni non sempre concordi.

1) LUOGO IN CUI I TERZI PERCEPISCONO L’ESPRESSIONE INGIURIOSA

La fattispecie della diffamazione, in quanto reato di evento, risulta integrata di regola nel luogo in cui i soggetti terzi (nel caso di specie: gli utenti dei Social) percepiscono l’espressione ingiuriosa. La natura stessa di Internet, che supera i confini territoriali ed elimina le distanze, vanifica tuttavia tale operazione, rendendo necessario il ricorso a criteri differenti.

2) LUOGO IN CUI IL CONTENUTO E’ STATO CARICATO

Ai sensi del comma 1 dell’art. 9 C.P.P., la competenza territoriale va determinata avendo riguardo al luogo in cui il contenuto diffamatorio è stato caricato, poiché in tale luogo è avvenuta una parte significativa dell’azione (cfr. Cass. Pen., Sez. V, 23/01/2017,  N. 8482, in ossequio ai principi dettati da Cass. Pen. SS. UU., 26/03/15, N. 17325).

Qualora pertanto sia stato rintracciato l’indirizzo IP del dispositivo o della connessione internet, e sia stata dimostrata una corrispondenza diretta con l’indagato/imputato, il Giudice competente sarà quello della località in cui l’articolo, il post o il commento diffamatorio è stato materialmente inserito dall’autore.

3) DOMICILIO O RESIDENZA DELL’IMPUTATO

Un orientamento minoritario della Suprema Corte ritiene inutilizzabili, in quanto di difficilissima individuazione, i principi enunciati in precedenza, ritenendo di dover fare ricorso ai criteri suppletivi fissati dal secondo comma dell’art. 9 C.P.P., ossia al luogo di domicilio (o residenza) dell’imputato (cfr. Cass. Pen., Sez. I, 15/03/2011, N. 16307).

Tale indirizzo, a giudizio dello scrivente, potrà essere applicato solo in assenza della prova inerente alla riconducibilità dell’indirizzo IP all’autore, in virtù della natura meramente sussidiaria della disposizione normativa.

IN CONCLUSIONE

La corretta individuazione del giudice territorialmente competente in caso di diffamazione a mezzo Social, impone una attenta verifica dei criteri dettati dagli articoli 8 e 9 C.P.P., condotta alla luce delle modalità atipiche del mezzo telematico e del panorama probatorio emergente dal fascicolo di indagine. L’eventuale eccezione di incompetenza territoriale deve essere sollevata al più tardi in sede di accertamento della costituzione delle parti, non essendo possibile proporla in corso di giudizio nemmeno in caso di acquisizioni sopravvenute (cfr. Cass. Pen., Sez. V, 19/05/2015, N. 31677).

Avv. Stefano FRANCHI

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