Una delle principali conseguenze dell’enorme diffusione dell’utilizzo di Facebook è l’immissione in rete di una smisurata quantità di dati personali come immagini, notizie sulla propria famiglia, sul proprio lavoro, sul proprio stile di vita: stringendo amicizia “social” con una persona, si condividono con la stessa tutte le informazioni che intendiamo rivelarle.
Tuttavia il sistema non permette di avere la garanzia che quel profilo appartiene realmente al soggetto con cui si è stretto il rapporto virtuale, ben potendo lo stesso celare un “fake”, ossia una falsa identità. Si tratta di un fenomeno tuttaltro che circoscritto: da una recente stima gli account fasulli oscillano fra i 41 e i 62 milioni, circa il 2-3% della base di utenza attiva.
È evidente come i profili falsi di Facebook possono essere lo strumento per il compimento di una svariata quantità di reati come, ad esempio, il furto di identità, la diffamazione, la minaccia, l’estorsione, le molestie e così via.
CASSAZIONE PENALE N. 33862 DEL 08/06/18 Recentemente la Suprema Corte ha dichiarato che:
“… integra il delitto di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.) la creazione ed utilizzazione di un profilo su social network, utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, trattandosi di condotta idonea alla rappresentazione di una identità digitale non corrispondente al soggetto che lo utilizza…”
APPROPRIAZIONE DELL’ALTRUI IDENTITÀ Nel caso in esame, la Suprema Corte ha rilevato che l’imputato aveva creato un profilo Facebook apponendovi la fotografia di una persona minorenne identificata, al fine dell’agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete con persone iscritte al social network rispondenti alla medesima fascia d’età, così da indurre il ragionevole affidamento di una relazione virtuale paritetica, e con danno della persona di cui è stata abusivamente utilizzata l’immagine. La complessiva condotta dell’imputato risulta ulteriormente connotata da un vero e proprio fine di adescamento in quanto, grazie a siffatto espediente, l’imputato ha contattato diverse minorenni, successivamente intraprendendo con le medesime relazioni a sfrondo erotico documentate con immagini e con scambio di fotografie.
RAVVEDIMENTO SUCCESSIVO Nella delineata prospettiva, non rileva – in punto di sussistenza della rilevanza penale del fatto – né che l’imputato abbia, successivamente alla creazione del profilo, modificato l’immagine, né che si sia disvelato nella propria identità, trattandosi, all’evidenza, di circostanze postume, sopravvenute alla realizzazione del fine al quale la artificiosa creazione identitaria mirava.
PROFILO FALSO, SENZA ATTRIBUZIONE DI IDENTITÀ In precedenza, la Corte di Cassazione (con la Sentenza 9391/2014) ha specificato che non è reato sanzionabile penalmente la mera creazione di “fake account” Facebook, non riconducibili a una specifica persona: la circostanza integra un semplice illecito civile, per violazione delle regole contrattuali, che verrebbe ad esistenza solo su iniziativa della società ideatrice del programma.
Avv. Nicola Paolo ROSSETTI