Il 14 febbraio 2018 la Corte di Assise di Milano, richiedendo l’intervento della Corte Costituzionale, ha portato al centro dell’attenzione mediatica due temi, in stretta correlazione, da sempre molto dibattuti: l’eutanasia e l’istigazione al suicidio.
L’ACCUSA Per poter comprendere meglio la problematica sottesa è necessario fare un passo indietro. Il 28 febbraio 2017 Marco Cappato, iscritto nel registro degli indagati da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, veniva accusato di “aver rafforzato il proposito suicidiario di Antoniani Fabiano” (meglio noto come Dj Fabo).
IL CASO Lo sfortunato Dj era rimasto tetraplegico a seguito di un grave incidente stradale avvenuto il 13 giugno 2014 e i vani tentavi finalizzati al miglioramento delle sue condizioni, avevano determinato in lui la ferma volontà di porre fine alla sua vita. Dopo aver contattato la Dignitas, organizzazione Svizzera all’interno della quale viene praticata “l’assistenza al suicidio”, conobbe Marco Cappato il quale, di fronte alla ferma volontà suicidaria manifestata dall’Antoniani, decise di accompagnarlo in Svizzera per interrompere le sue sofferenze. Il 27 febbraio 2017, in seguito all’assunzione del farmaco letale (pentobarbital sodium), Dj Fabo poneva fine alla sua vita.
L’INTERVENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. (istigazione o aiuto al suicidio), la Consulta – con la Ordinanza n. 207 depositata in data 16 novembre 2018 – si è così espressa:
“Non è, di per sé, contrario alla Costituzione il divieto sanzionato penalmente di aiuto al suicidio. Tuttavia, occorre considerare specifiche situazioni, inimmaginabili all’epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, ma portate sotto la sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali. Quando la soluzione del quesito di legittimità costituzionale coinvolge l’incrocio di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere, la Corte reputa doveroso consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale. Ciò al fine di evitare, per un verso, che una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela di valori, anch’essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale”.
La Corte pertanto ha concesso un anno di tempo al Governo di una legge che regoli la materia in conformità alle segnalate esigenze di tutela, disponendo la sospensione del Processo nei confronti di Marco Cappato.
LA NORMATIVA NAZIONALE VIGENTE L’istigazione al suicidio è prevista e punita dall’art. 580 del codice penale: “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima”.
L’INTERPRETAZIONE FORNITA DALLA CEDU La Corte Europea si è espressa più volte sull’argomento (tra le altre Sanles c. Spagna, Pretty c. Regno Unito e Hass c. Svizzera), giungendo a cristallizzare, attraverso il contemperamento degli interessi protetti dagli art.li 2 (diritto alla vita), 3 (diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti) e 8 (diritto alla vita privata) della Convenzione, il “diritto di un individuo di decidere con quali mezzi e a che punto la propria vita finirà”.
Sarà quindi compito del legislatore nazionale intervenire adeguatamente su un tema così delicato e dibattuto, in bilico fra la tutela del diritto alla vita e la facoltà di interrompere le sofferenze prima che sopraggiunga la morte naturale.
Avv. Stefano FRANCHI
con la collaborazione di Antonio Alexandre CICCONE