Con la Sentenza n. 14725, depositata il 13 maggio 2020, la III sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla necessità o meno di una rogatoria internazionale per decriptare il contenuto di chat, nel caso in cui la comunicazione sia avvenuta sul territorio italiano, ma la decriptazione dei messaggi cifrati sia opera di server situati all’estero.
INTERCETTAZIONI O SEQUESTRO DI DATI INFORMATICI? Il primo punto analizzato, e risolto, dalla Suprema Corte attiene l’applicazione della disciplina delle intercettazioni, prevista dagli artt. 266 e seguenti c.p.p., in luogo di quella di cui all’art. 254 c.p.p. che regola, invece, il sequestro di dati informatici. Al riguardo la Cassazione, seguendo l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, ha stabilito che è legittima l’acquisizione di contenuti di attività di messagistica mediante intercettazione in quanto le chat, anche se non contestuali, costituiscono un flusso di comunicazioni e dunque tale attività di ricerca della prova deve essere ricondotta al genus delle intercettazioni ex art. 266 c.p.p. piuttosto che al sequestro di dati informatici di cui all’art. 254 c.p.p.
DECRIPTAZIONE DI CHAT E ROGATORIA INTERNAZIONALE La seconda questione analizzata in sentenza muove i passi dall’obiezione dalla difesa dei ricorrenti: si sostiene che la decriptazione delle chat dovesse avvenire con regolare attività rogatoriale, secondo quanto previsto dal codice di rito, poiché avvenuta sul server della RIM Blackberry in Canada, il quale si occupa della c.d. “messa in chiaro” dei messaggi criptati.
La difesa, quindi, sostiene che l’intercettazione delle comunicazioni sia avvenuta in assenza di qualsivoglia controllo o garanzia giurisdizionale. La Suprema Corte, superando le obiezioni difensive, ha stabilito che “nessun rilievo riveste la circostanza che il relativo server fosse ubicato in Canada, considerato che l’algoritmo attraverso il quale veniva effettuata la decodificazione fa parte di un’unica rete interconnessa elettricamente con segnali che, viaggiando alla velocità della luce, non hanno distanza fisicamente quantificabile. Il mondo … è una rete globale che non ha geografia, al cui interno viaggiano soltanto le chiavi di decodificazione, mentre i dati che ne sono oggetto (i cd. dati grezzi) restano fisicamente nel luogo in cui sono stati emessi e, dunque, nella fattispecie, in Italia. La attività di decriptazione non può conseguentemente ritenersi avvenuta all’estero, bensì all’interno del mondo … che, facendo parte del Web non conosce localizzazioni”.
LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE Con la Sentenza n. 14725/2020 la Corte di Cassazione ha previsto, in definitiva, che nel caso di specie non è necessario procedere a rogatoria internazionale in quanto i dati inviati dal terminale italiano vengono decriptati nel Web e poi inviati nuovamente al server ubicato in Italia. Da ciò discende che per la validità dell’intercettazione è necessario solo che il terminale intercettato si trovi in Italia, essendo quindi irrilevante che la decriptazione dei dati avvenga tramite un server allocato all’estero.
Avv. Stefano FRANCHI
con la collaborazione del
Dott. Antonio Alexandre CICCONE