L’art. 41-bis del D.L. 124/19 (c.d. Decreto fiscale), in vigore dal 25 dicembre 2019, ha introdotto una nuova disciplina tesa a porre rimedio, in via eccezionale, temporanea e non ripetibile, a situazioni di crisi economica in capo al contraente di un mutuo che abbia subìto un procedimento esecutivo sulla casa.
Il soggetto che abbia stipulato un mutuo ipotecario per acquistare la prima casa, potrà infatti – ricorrendo determinate condizioni – beneficiare di una rinegoziazione o di un rifinanziamento dello stesso, e salvare l’immobile oggetto di procedura esecutiva.
IL FONDO “SALVA CASA” Il consumatore potrà richiedere un finanziamento o, in alternativa, la rinegoziazione del mutuo in essere, con surroga nella garanzia ipotecaria esistente, a una banca terza, il cui ricavato dovrà essere utilizzato per estinguere il mutuo in essere, con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia prima casa e con il beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo.
Il Fondo di Garanzia – introdotto dalla L. 147/2013 – offre garanzie (nella misura del 50% della quota capitale) sui finanziamenti ipotecari, con una capienza complessiva di 20 miliardi di euro.
COME SI INOLTRA LA DOMANDA DI RINEGOZIAZIONE L’istanza può essere presentata per la prima volta nell’ambito del processo esecutivo, per debiti non superiori a € 250.000,00 ed entro e non oltre il 31 dicembre 2021. Il rimborso dell’importo rinegoziato o finanziato prevede una dilazione massima non superiore a 30 anni decorrenti dalla data di sottoscrizione dell’accordo di rinegoziazione o del finanziamento, e in ogni caso non superiore ad una durata in anni che, sommata all’età del debitore, superi il numero di 80.
QUALI CONDIZIONI DEVONO ESSERE RISPETTATE? Per potersi avvalere della rinegoziazione del mutuo, il creditore dovrà essere necessariamente un soggetto che esercita l’attività bancaria (raccolta di risparmio tra il pubblico ed esercizio del credito con carattere d’impresa) o una società veicolo, mentre il debitore deve rientrare nella categoria del consumatore, ovvero dovrà agire per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale. In capo a quest’ultimo, inoltre, non dovrà essere pendente una procedura di risoluzione della crisi da sovraindebitamento.
INTERVENTO DI PARENTI O AFFINI Nel caso in cui il consumatore non riesca a ottenere personalmente il beneficio, lo stesso potrà essere accordato a un suo parente o affine fino al terzo grado, che rispetti le condizioni dettate dalla norma: quando il finanziamento sia stato concesso al parente o affine, il giudice emetterà decreto di trasferimento in suo favore ex art. 586 c.p.c.. In forza di tale disposizione, per i successivi 5 anni dalla data di trasferimento dell’immobile, il debitore e la sua famiglia avranno il diritto legale di abitazione annotato a margine dell’ipoteca. Entro il medesimo termine il debitore potrà – previo rimborso integrale degli importi già corrisposti al soggetto finanziatore dal parente o affine – chiedere la retrocessione della proprietà dell’immobile e, con il consenso del soggetto finanziatore, accollarsi il residuo mutuo con liberazione del parente o affine.
Avv. Stefano FRANCHI