La Camera dei Deputati, nella giornata di ieri, ha approvato all’unanimità l’emendamento che introduce il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il c.d revenge porn.
COSA SI INTENDE PER REVENGE PORN: Con la locuzione anglosassone “revenge porn” (letteralmente “ritorsione pornografica”) si intende la illegittima condivisione pubblica, senza il consenso della vittima, di immagini o video ritraenti uno o più soggetti determinati in situazioni sessualmente esplicite.
INTEGRAZIONE DELLA FATTISPECIE E TUTELE: Commette la fattispecie criminosa del nuovo articolo 612-ter c.p. colui che – dopo aver realizzato o sottratto immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati – li “invia, consegna, cede, pubblica o diffonde” senza il consenso delle persone ivi rappresentate. La pena prevista per il reato è reclusione da uno a sei anni e della multa da 5.000 a 15.000 euro.
MOMENTO DI CONSUMAZIONE DEL REATO Il reato è da considerarsi consumato dal momento in cui l’immagine o il video diviene fruibile a terzi (mediante ad esempio, l’invio su WhatsApp oppure pubblicazione su siti Web o piattaforme online).
STESSA PENA PER CHI “RICONDIVIDE”: Il legislatore, con il chiaro intento di evitare il moltiplicarsi della diffusione del filmato o dell’immagine lesiva della personalità del soggetto, ha previsto che soggiace alla stessa pena chiunque, avendo ricevuto o comunque acquisito tali file multimediali, a sua volta li “invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento”.
AUMENTO DI PENA: E’ prevista una aggravante se il soggetto che ha posto in essere la condotta è il coniuge della vittima, anche se separato o divorziato, oppure altra persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. Parimenti soggiace al medesimo aumento di pena chi abbia diffuso il video o l’immagine attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se la diffusione illecita si realizza a carico di una donna in stato di gravidanza ovvero di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica.
CONDIZIONI DI PROCEDIBILITÀ: Il reato è procedibile a querela della vittima se proposta nel termine di sei mesi, e la remissione può essere soltanto processuale. Nel caso in cui la vittima sia una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o una donna in stato di gravidanza, si procederà comunque d’ufficio, così come nei casi in cui “il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
Avv. Stefano FRANCHI
con la collaborazione della
Dott.ssa Jessica MARCELLI