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Il disegno di Legge recante deleghe al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti di appello è attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. L’articolato si compone di 4 capi ed introduce significative modiche al codice penale e al codice di rito, finalizzate a garantire l’efficienza del Processo penale. In attesa che il testo sia approvato dal Parlamento, è possibile tracciare le linee di fondo della riforma, ispirata all’esigenza di rendere «il processo penale più veloce ed efficiente, nel rispetto delle garanzie difensive».

RAGIONEVOLE DURATA DELLE INDAGINI PRELIMINARI Il primo obiettivo della riforma è garantire la ragionevole durata del processo penale in ossequio a quanto previsto dagli artt. 111 Cost. e 6 Cedu. Per realizzare tale obiettivo, il disegno di legge delega interviene in primo luogo sulla fase delle indagini preliminari, introducendo nuove e più stringenti scansioni temporali.

A seconda della gravità dei reati, infatti, si prevedono termini non superiori a 6 mesi, 1 anno e 1 anno e 6 mesi per la conclusione delle indagini preliminari, con facoltà di richiedere al giudice una sola proroga non superiore a 6 mesi. E’ altresì statuito che – se entro 3, 6 o 12 mesi dal termine massimo di durata delle indagini, il p.m. non ha provveduto al deposito degli atti di cui all’art. 415-bis c.p.p. o non ha chiesto l’archiviazione – lo stesso deve notificare senza ritardo alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa l’avviso di deposito della documentazione delle indagini espletate, fatta salva una motivata proroga per i reati più gravi.

Nei trenta giorni successivi alla notifica, i difensori possono chiedere al p.m. di depositare la richiesta di archiviazione o di esercitare l’azione penale. La violazione di questa previsione riconducibile a negligenza inescusabile costituisce illecito disciplinare. Al fine di garantire il rispetto delle scansioni temporali, inoltre, il d.l. stabilisce che, fino alla prospettazione delle conclusioni nell’udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti in giudizio, il giudice accerti l’effettiva data di acquisizione della notizia di reato a domanda di parte, così da valutare l’inutilizzabilità degli atti compiuti fuori dai termini di durata massima dell’attività investigativa.

CELERITA’ ANCHE NELLA FASE DIBATTIMENTALE Con riguardo alla fase dibattimentale, il d.l. delega dispone che, sotto la vigilanza dei dirigenti degli Uffici, siano adottate misure organizzative idonee a definire i procedimenti nei termini di cui alla L. 89/2001 per i reati contro la p.a. E’ poi contemplato che i 3 gradi di giudizio si concludano, rispettivamente, nei termini di 1 anno, 2 anni e 1 anno per i reati di cui all’art. 33-ter c.p.p. e di 2 anni, 2 anni e 1 anno per i reati di cui all’art. 33-bis c.p.p.

Le previsioni su riportate escludono i processi relativi ai reati di maggiore complessità [art. 407, comma 2, lett. a), nn. 1, 3 e 4 e comma 2, lett. b), c.p.p.] e riconoscono la facoltà di irrogare sanzioni disciplinari nel caso di negligenza inescusabile nel rispetto dei termini prefissati. Una durata ragionevole della fase dibattimentale è altresì perseguita mediante lo smaltimento dell’arretrato ad opera di personale amministrativo e giudici ausiliari reclutati in via straordinaria e la fissazione di criteri di priorità sia nelle indagini che nei ruoli di udienza.

LO SMALTIMENTO DEL CARICO GIUDIZIARIO A tal fine, il d.l. introduce una nuova causa di estinzione delle contravvenzioni, destinata ad operare nella fase delle indagini preliminari per effetto dell’adempimento di apposite prescrizioni e del pagamento di una somma di danaro (consistente in una frazione del massimo dell’ammenda prevista per la contravvenzione) o, in alternativa, della possibilità di prestazione del lavoro di pubblica utilità. Quanto ai riti speciali, invece, va innanzitutto posto in evidenza che il d.l. eleva ad 8 anni di reclusione il limite di pena per l’accesso al rito dell’applicazione della pena su richiesta delle parti. Ciò nonostante, il rito è precluso qualora si tratti di specifici delitti, tra cui quelli ex artt. 422, 558-bis, 572, 575, 609-quinquies, 612-bis e 612-ter c.p.

Sono altresì introdotte modifiche al codice penale e di procedura penale in materia di condizioni di procedibilità che prevedono: i) la procedibilità a querela per il reato di lesioni personali stradali gravi, ii) l’obbligo per il querelante di dichiarare o eleggere domicilio nell’atto di querela e iii) la remissione tacita della querela per ingiustificata mancata comparizione all’udienza dibattimentale alla quale il querelante è citato in qualità di testimone.

Il d.l. tenta di alleggerire il carico processuale anche mediante la rimodulazione delle regole di giudizio dell’archiviazione e della decisione di non luogo dell’udienza preliminare. In particolare, si stabilisce che il P.M. richieda l’archiviazione «quando gli elementi acquisiti alle indagini preliminari risultano insufficienti e contraddittori o comunque non consentano una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria nel giudizio» e che lo stesso criterio debba essere posto al giudice a fondamento per escludere il rinvio a giudizio.

SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE Nell’ottica di semplificazione degli strumenti processuali, la riforma interviene sui procedimenti a citazione diretta ex art. 550 c.p.p. introducendo una inedita udienza tesa a verificare la possibilità, sulla scorta degli atti del p.m., di pronunciare una sentenza di non luogo a procedere nei casi di cui all’art. 425 c.p.p. con possibilità di accesso ai riti premiali. Quanto al giudizio vero e proprio, tra le altre cose, si dispone che: i) la perizia e le consulenze tecniche siano depositate in tempi congrui rispetto all’esame di periti e consulenti, ii) le parti illustrino le richieste di prova, iii) in caso di mutamento di un giudice del collegio, non si proceda alla rinnovazione richiesta dalle parti, operando l’art. 190-bis, comma 1, c.p.p.

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LA PRESCRIZIONE DEL REATO

MODIFICHE ALLA PRESCRIZIONE L’art. 14 del Capo II del d.l. – nella parte relativa alle modifiche al codice penale – contiene disposizioni in materia di sospensione della prescrizione. Si tratta del c.d. lodo Conte con il quale si era tentato di apportare modifiche alla sospensione della prescrizione di cui all’art. 159 c.p. nella formulazione vigente ex L. 3/2019 (c.d. Spazzacorrotti). Sulla base della distinzione tra condannati e imputati assolti, il d.l. dispone che la sospensione operi soltanto per le sentenze di condanna e che la prescrizione riprenda il suo corso e i periodi di sospensione siano ricomputati per far maturare la prescrizione in caso di proscioglimento del condannato nel successivo giudizio di appello ovvero quando la sentenza di condanna venga annullata nella parte relativa alla responsabilità o sia dichiarata la nullità della decisione ai sensi di quanto disposto dall’art. 604, commi 1, 4 e 5-bis c.p.p.

IN RELAZIONE ALL’APPELLO Oltre alla composizione monocratica della Corte d’Appello per i procedimenti a citazione diretta, alla celebrazione dei giudizi nella forma del rito camerale non partecipato nel caso di richiesta della difesa e di concordato sui motivi e sulla pena – si prevede l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento e di n.l.p. relative a reati puniti con la pena pecuniaria o con pena alternativa (eccettuati i reati di cui agli artt. 590, commi 2 e 3; 590-sexies e 604-bis, comma 1, c.p.). Ulteriore novità consiste nella previsione di mandato specifico ad impugnare che avrebbe lo scopo di impedire il celebrarsi di processi di appello a scopo meramente dilatorio.

Avv. Stefano FRANCHI

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