Con la Sentenza N. 77633-16 del 3 giugno scorso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha censurato l’Italia per la vigenza di uno degli istituti più controversi dell’ordinamento italiano: l’ergastolo ostativo.
IL CASO La pronuncia in esame ha come protagonista Marcello Viola, in carcere da 28 anni (e in regime di 41 bis dal 2000) per i reati di associazione mafiosa, sequestro di persona, omicidio e possesso illegale di armi. Nonostante la buona condotta, le sue numerose istanze volte ad ottenere dei benefici penitenziari erano state sempre rigettate in quanto non è mai stata accertata la sua collaborazione con la giustizia, presupposto ritenuto indefettibile ai fini della concessione, come risulta dal combinato disposto degli artt. 22 c.p., 4-bis e 58-ter o.p.
La Corte di Strasburgo, adita da Viola per violazione degli artt. 3 e 8, ha stabilito che sebbene la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all’ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici premiali, tale via risulta troppo stringente in quanto “l’assenza di collaborazione con la giustizia determina una presunzione inconfutabile di pericolosità sociale” che nega ai detenuti non pentiti qualunque prospettiva di liberazione in contrasto con la funzione rieducativa della pena.
L’ERGASTO “SEMPLICE” L’art. 22 del Codice Penale definisce la pena dell’ergastolo come “perpetua”, consistente dunque nella privazione della libertà personale del reo per l’intera durata della sua vita. Nonostante ciò, ricorrendo talune condizioni, anche gli ergastolani hanno la possibilità di accedere a determinati benefici quali permessi premio, semilibertà e liberazione condizionale.
L’ERGASTOLO “OSTATIVO” Nel 1991 – in quella che è stata definita “legislazione d’emergenza” – fa il suo ingresso nell’Ordinamento italiano quello che la dottrina ha definito “ergastolo ostativo”: l’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, introdotto da tale riforma, ha disciplinato i casi in cui i condannati per determinati delitti potessero accedere alle misure alternative alla detenzione, riducendoli sensibilmente.
La versione vigente del suddetto articolo esclude l’accesso ai c.d. benefici penitenziari a coloro che non abbiano “utilmente” collaborato con la giustizia (i c.d. pentiti), secondo quanto previsto dall’art. 58-ter o.p.. In virtù di tale disciplina viene sostanzialmente precluso il reinserimento nella società dei condannati che non si siano pentiti, in virtù di una presunzione assoluta di pericolosità dei tale categoria di soggetti.
CONCLUSIONI DELLA CEDU Risulta chiaro quindi che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la Sentenza in esame, abbia voluto mettere in discussione l’istituto dell’ergastolo ostativo ribadendo che, nonostante “i reati per i quali il Sig. Viola è stato condannato riguardano un fenomeno particolarmente pericoloso per la società (l’associazione mafiosa), la lotta contro questo flagello non giustifica la deroga alle disposizioni dell’articolo 3 della convenzione che vietano in termini assoluti le pene inumane e degradanti”.
Avv. Stefano FRANCHI
con la collaborazione di
Antonio Alexandre CICCONE