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Sono sempre più frequenti le notizie e i video, diffusi direttamente dalle forze dell’ordine, relative ai casi di maltrattamenti di bambini nelle scuole materne o negli asili nido: considerando che, in media, i bambini fino a 5 anni trascorrono circa 35 ore settimanali con le maestre degli istituti a cui vengono affidati, risulta giustificata la preoccupazione derivante dalla diffusione di questo fenomeno.

QUALE REATO TROVA APPLICAZIONE? Nelle ipotesi di maltrattamenti subiti dai minori nei contesti scolastici da parte degli insegnanti, è dibattuto se debba trovare applicazione il reato di abuso dei mezzi di correzione di cui all’art. 571 c.p. (reclusione fino a sei mesi), piuttosto che quello di maltrattamenti disciplinato dall’art. 572 c.p, il quale prevede da tre a sette anni di carcere (con aumento di pena fino alla metà se il fatto avviene in presenza o in danno di minori).

Per abuso dei mezzi di correzione o di disciplina si intende l’uso improprio o abnorme  dei mezzi correttivi previsti nell’ambito di alcune relazioni (genitore / figlio, insegnante / alunno). Diverso, invece, è il caso in cui vi sia coscienza e volontà di infliggere una serie di sofferenze alla vittima: i maltrattamenti sono caratterizzati infatti da condotte di per sé lecite, ma che assumono carattere illecito in ragione del loro protrarsi. Il delitto in esame assorbe i reati di ingiuria, percosse e minacce, così come assorbe le lesioni personali lievi o lievissime, quando colpose.

Di recente la Suprema Corte, con la Sentenza N. 11956/2017, ha stabilito che “l’uso della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti”.

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MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: ANCHE UNA OMISSIONE INTEGRA IL REATO Una recente pronuncia della Suprema Corte ha evidenziato come il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi possa integrarsi anche nella forma del concorso omissivo.

Con la Sentenza N. 10763/2018, la Corte di Cassazione ha infatti stabilito che “il reato di maltrattamenti in famiglia può essere realizzato anche mediante concorso per omissione in condotte commissive. È necessario e sufficiente che il soggetto, tenuto ad attivarsi per impedire l’evento lesivo, abbia conoscenza dei presupposti fattuali del dovere di impedire tale evento e si astenga, con coscienza e volontà, dall’attivarsi, con ciò volendo o prevedendo l’evento”.

INCIDENZA SULLO SVILUPPO DEL FISICO-PSICHICO DEL MINORE Bisogna infine operare una valutazione in ordine alla concreta incidenza che le condotte hanno sullo sviluppo psicofisico dei bambini. In casi del genere, infatti, la Corte di Cassazione, con la Sentenza N. 19931/2019, ha puntualizzato che – nelle fattispecie che coinvolgono soggetti particolarmente vulnerabili – le condotte debbano essere “valutate non solo sotto il profilo strettamente naturalistico-fenomenico, ma anche in relazione alla concreta incidenza sullo sviluppo fisico-psichico di soggetti bisognosi di cure attente”.

Avv. Stefano FRANCHI

con la collaborazione di
Antonio Alexandre CICCONE

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