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La Procura della Repubblica di Milano ha aperto un’indagine per evasione fiscale nei confronti del colosso dello streaming “Netflix“. Il sospetto è che la società californiana abbia consumato il reato di cui all’Art.5 del D.Lgs.74/2000, l’omessa dichiarazione dei redditi, in virtù dell’utilizzo di server e provider che permettono a Netflix di trasmettere i contenuti in Italia con segnali che partono però dall’estero.

QUALE RESIDENZA FISCALE? La questione relativa alla corretta determinazione della residenza fiscale del soggetto passivo è fondamentale per la determinazione delle imposte, sia dirette che indirette, dovute. Ad oggi Netflix – che conta circa un milione e mezzo di abbonati in Italia – ha un’unica sede in Europa, nei Paesi Bassi: tale circostanza impedirebbe ai giudici nazionali di imputare il reato di evasione fiscale, non essendoci di fatto persone fisiche o strutture imputabili giuridicamente nel nostro territorio.

Gli inquirenti pertanto si stano avvalendo del requisito della “stabile organizzazione materiale” (disciplinata dai commi 1 – 3 dell’Art.162 del TUIR) sul nostro territorio, considerando sufficienti a tal fine i canali di trasmissione, i cavi, i provider e i computer utilizzati dalla piattaforma, nonché i server presenti fra Roma e Milano. In particolare, potrebbe farsi riferimento all’ipotesi di cui alla lett.f-bis), dell’Art.162, comma 2, che attribuisce rilievo di stabile organizzazione ad una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.

APPLE, GOOGLE E FACEBOOK Un trattamento simile sul nostro territorio è stato riservato ad altri colossi delle comunicazioni, quali Apple, Google e Facebook, facendo ricorso però al criterio della “stabile organizzazione personale occulta” ai sensi dell’art.162, comma 6, TUIR, avendo tali multinazionali nel nostro Paese persone fisiche e strutture alle loro dipendenze.

WEB TAX Da questo punto di vista l’indagine aperta a Milano potrebbe rappresentare un altro decisivo passo verso la ridefinizione di una “web tax” anche a livello comunitario, dato il moltiplicarsi di inchieste per evasione fiscale a carico dei colossi operanti in rete.

Avv. Stefano FRANCHI

con la collaborazione di
Francesca De Vincentiis

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