Il caso dell’omicidio del ventunenne Willy Monteiro Duarte, che ha suscitato scalpore per l’efferatezza e la crudeltà posta in essere dagli aggressori, ha subito una svolta con la relazione della consulenza autoptica, svolta all’università di Tor Vergata, dove si parla senza mezzi termini di colpi assestati e non casuali: calci e pugni mirati su organi vitali. Per questo la Procura di Velletri ha deciso di cambiare il capo di imputazione da omicidio preterintenzionale ad omicidio volontario.
ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO L’elemento soggettivo rappresenta la tensione psicologica che lega l’agente al fatto: tale coinvolgimento emotivo può avere diverse intensità, ed è proprio da ciò che può operarsi la distinzione tra: dolo, colpa e preterintenzione.
L’art. 43 c.p., prevede che il delitto debba considerarsi doloso quando l’evento è preveduto e voluto dall’agente come conseguenza della propria azione od omissione: il soggetto agente si determina intenzionalmente alla commissione di un determinato delitto, avendone chiari tutti gli elementi costitutivi. A seconda della diversa intensità con cui l’agente si rappresenta e vuole il verificarsi dell’evento si distingue fra dolo intenzionale, dolo diretto e dolo eventuale; quest’ultima, in particolare, si ha quando il soggetto agente, pur non volendo il verificarsi dell’evento, ne accetta comunque l’eventualità che lo stesso si produca.
QUANDO UN OMICIDIO E’ PRETERINTENZIONALE? La diversa gradazione dell’intensità del dolo rappresenta criterio distintivo tra le fattispecie di omicidio volontario e preterintenzionale.
Nell’omicidio volontario l’agente si rappresenta e vuole l’evento morte, finalizzando la propria condotta al raggiungimento proprio del risultato. L’omicidio preterintenzionale, di cui all’art. 584 c.p., richiede invece che l’agente, benché ponga in essere una condotta lesiva dell’altrui incolumità fisica, escluda totalmente ogni previsione dell’evento morte.
LA PRETERINTENZIONE SECONDO LA CASSAZIONE Sul punto, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione è tornata sull’argomento precisando che “l’omicidio preterintenzionale si configura allorquando l’azione aggressiva dell’autore del reato sia diretta soltanto a percuotere la vittima o a causarle lesioni, così che la morte costituisca un evento non voluto, ancorché legato da nesso causale alla condotta dell’agente”, di guisa che “si configura il delitto di omicidio volontario – e non quello di omicidio preterintenzionale, caratterizzato dalla totale assenza di volontà omicida – qualora la condotta dell’agente, alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostri la consapevole accettazione da parte del medesimo anche solo dell’eventualità che dal suo comportamento potesse derivare la morte del soggetto passivo” (Cass. Pen. 25 gennaio 2018 n. 3619).
Avv. Stefano FRANCHI
con la collaborazione del
Dott. Alessio PRIMAVERA