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Con la Sentenza N. 32/2020, anticipata dal comunicato del 12 febbraio, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’applicazione retroattiva della Legge N. 3/2019 (c.d. Spazzacorrotti) per violazione del principio di legalità sancito dall’art. 25 della Costituzione.

LA QUESTIONE La c.d. “legge Spazzacorrotti” ha fatto sì che, dal 31 gennaio 2019, i reati contro la pubblica amministrazione rientrassero nell’elenco di quelli per i quali è esclusa l’applicazione delle misure alternative al carcere e dei benefici penitenziari nell’ipotesi in cui il detenuto non abbia collaborato con la giustizia, secondo quanto previsto dall’art. 4-bis dell’Ordinamento penitenziario.

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APPLICAZIONE RETROATTIVA Non essendoci una normativa transitoria, chi commetteva uno dei reati previsti dalla L. 3/2019 e veniva condannato prima della sua entrata in vigore, dal 31 gennaio 2019, e dunque nel corso dell’esecuzione della Sentenza, non poteva più accedere ai suddetti benefici (come ad esempio la sospensione dell’ordine di esecuzione), soggiacendo così al regime della “Spazzacorrotti”.

Nei riguardi di tali soggetti non operava neppure il divieto di applicazione retroattiva della legge penale sfavorevole, previsto dall’art. 25 della Costituzione: tale divieto infatti è applicabile solo alle norme penali sostanziali e, secondo un orientamento consolidato della Corte di Cassazione (II Sez. Pen. N. 18265/2015), quelle che hanno ad oggetto l’esecuzione della pena hanno natura processuale, dovendo sottostare quindi alla regola del tempus regit actum.

LA DECISIONE La Corte costituzionale è stata quindi chiamata a pronunciarsi in seguito alle censure sollevate da alcuni giudici dell’esecuzione e dai tribunali di sorveglianza i quali sostenevano l’illegittimità costituzionale dellart.1, comma 6, lettera b), della L. 3/2019.

La Consulta, dunque, in riferimento “alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna”, ha sancito l’illegittimità costituzionale della L. 3/2019 in quanto, si legge nel comunicato del 12 febbraio 2020, “l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione”.

Avv. Stefano FRANCHI

con la collaborazione del
Dott. Antonio Alexandre CICCONE

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